Ridley Scott: L’epopea del gladiatore 2 girata nel deserto marocchino

Il regista Ridley Scott torna con “Il gladiatore 2”, girato nel deserto marocchino di Ouarzazate, affrontando sfide uniche per realizzare una battaglia navale in un contesto arido e spettacolare.
Immagine generata con AI

Il mondo del cinema si prepara a rivedere uno dei suoi classici più iconici grazie al ritorno di Ridley Scott con “Il gladiatore 2“. A 87 anni, il regista britannico, noto per il suo approccio audace e innovativo, ha dimostrato nuovamente la sua capacità di sorprendere. La pellicola promette di essere un’avventura cinematografica di grande impatto, ricca di azione e spettacolarità, mantenendo alta la tradizione visiva che ha caratterizzato il primo capitolo. Scopriamo le sfide affrontate nella realizzazione di un’opera che trascende la semplice narrazione, esplorando il set e le incredibili sequenze che hanno preso forma nel deserto marocchino.

Ouarzazate: Un set lontano dal mare

Ouarzazate, una cittadina marocchina con circa 75.000 abitanti, si trova a ridosso del deserto del Sahara, a notevole distanza dalle spiagge e dai porti. Situata nella valle del Dadès, per raggiungere una nota località marittima come Essaouira, bisogna affrontare un lungo tragitto di circa sei ore su 406 km di strade desertiche. Nonostante questa distanza, Ouarzazate è diventata un polo cinematografico grazie agli Atlas Corporation Studios, uno degli studi cinematografici più grandi al mondo, che si estende su 322.000 metri quadrati. Inaugurati nel 1983, questi studi hanno ospitato molte produzioni di Hollywood, ma è Ridley Scott ad averli scelti per la sua ultima opera.

La decisione di girare “Il gladiatore 2” a Ouarzazate non è certo stata casuale. Scott ha sfruttato la location non solo per la sua bellezza naturale, ma anche per le sue risorse, visto che diverse scenografie precedenti, come quelle di “Le crociate“, erano state costruite proprio qui. Così, con la fortezza di Lucio Aurelio, reinterpretata per adattarsi alle nuove esigenze narrative, e le immense dune che fanno da sfondo, Scott ha avviato un progetto di grande portata in un territorio inaspettato per una battaglia navale.

La sfida della battaglia navale nel deserto

Il momento clou del film è senza dubbio il prologo, una sequenza che introduce il pubblico a un’epica battaglia navale, un’idea audace e ambiziosa per un film ambientato a distanza di centinaia di chilometri dal mare. Neil Corbould, supervisore agli effetti speciali, si è trovato di fronte a una sfida unica: come portare la battaglia sul grande schermo e, soprattutto, come simulare l’acqua in un contesto desertico. Ad aggravare la situazione ci sono state le dichiarazioni del direttore della fotografia, John Mathieson, che ha ricordato l’assurdità dell’idea di girare una battaglia navale in un luogo noto per la sua aridità.

Scott ha dovuto confrontarsi con una complessità notevole: per girare una sequenza realistica di navi che attaccano una fortezza, ha optato per l’uso di effetti speciali sia pratici che digitali, garantendo così l’illusione dell’acqua nel deserto. Gli sfondi di sabbia sono stati resi più vibranti e convincenti attraverso il lavoro instancabile di un team di esperti, che ha trasformato l’inverosimile in realtà.

Trasformare il deserto in un campo di battaglia

La fortezza di Lucio Aurelio è stata riadattata ed è diventata il fulcro della battaglia narrativamente cruciale nel film. La scenografia, creata dall’abituale collaboratore di Scott, Arthur Max, rappresenta non solo un’architettura imponente, ma anche un pezzo di storia cinematografica, essendo stata utilizzata in produzioni precedenti. La sfida di “rubare” queste scene a una location così lontana dal mare ha spinto il team creativo ad ingegnarsi.

Mark Bakowski, supervisore degli effetti visivi, ha commentato su come il deserto offrisse condizioni di luce splendide, ma allo stesso tempo problematiche. Nascondere la polvere e la sabbia, creando l’illusione di acque cristalline, e aggiungere dettagli come soldati virtuali per integrare le scene originali, ha richiesto un livello di precisione e creatività che stava oltre ogni aspettativa. Diventava essenziale trovare il giusto equilibrio tra il reale e il digitale, affinché il pubblico potesse immergersi completamente nell’esperienza.

L’arte della narrazione visiva

Per ottenere risultati soddisfacenti, Scott ha insistito nel voler girare il film in esterni e utilizzare location reali, piuttosto che ricorrere a studi artificiali. Questo approccio è stato favorito da Mathieson, un direttore della fotografia che, come molti altri del settore, predilige ambientazioni naturali. La crew ha dovuto affrontare il compito di eliminare ogni traccia delle undici telecamere presenti sul set, essenziali per catturare tutte le angolazioni dell’azione.

La preparazione per la scena centrale della battaglia ha richiesto il superamento di ostacoli significativi, incluso un grave problema di tempistiche. Inizialmente stimati in trenta giorni di lavoro, grazie alla dedizione e competenza del team, sono riusciti a completare la ripresa in meno della metà del tempo previsto.

Grazie a un forte spirito di collaborazione e a una visione chiara, Ridley Scott ha dimostrato, ancora una volta, il suo talento unico per la narrazione visiva, capace di far sembrare il deserto un mare in tempesta. Ogni sfida affrontata nella produzione ha contribuito a rendere “Il gladiatore 2” non solo un sequel atteso, ma un’opera che promette di stupire e coinvolgere il pubblico come il suo predecessore.

Add a comment

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *