Nel cuore della Sardegna, il racconto di Francesca Pitzanti, una 69enne di Sestu, mette in luce le difficoltà e le disfunzioni del sistema sanitario locale. La sua avventura, che ha preso avvio da una caduta fortuita il 7 settembre, si è trasformata in un vero e proprio calvario, evidenziando le criticità che affliggono gli ospedali dell’isola. L’esperienza di Francesca rappresenta non solo una testimonianza personale, ma anche una denuncia contro un sistema che, secondo molti, necessita di urgentissimi interventi di riforma.
L’incidente e il ricovero
La mattina del 7 settembre, Francesca scivola e cade sul marciapiede stretto di via Oristano. La caduta le provoca una frattura al polso che richiede immediata assistenza medica. Trasportata al pronto soccorso dell’ospedale Santissima Trinità, la donna riceve le prime cure necessarie, inclusa l’applicazione di un gesso per stabilizzare l’arto infortunato. Tuttavia, nonostante l’intervento iniziale, le attese nel pronto soccorso si protraggono, creando stress e malcontento.
L’ospedale, assai affollato, non può permettere a Francesca di tornare a casa. Alle 21, il personale ospedaliero decide di trasferirla presso l’ospedale Brotzu, dove si rende subito conto che la frattura è più complessa di quanto si fosse inizialmente pensato. Inizia così un’odissea sanitaria: Francesca attende un intervento chirurgico che si rivela urgente. Ma l’analisi delle sue condizioni cliniche non si esaurisce qui.
I giorni in attesa di intervento
Ricoverata al Brotzu, le sue condizioni sembrano deteriorarsi. I dolori al polso aumentano e la fasciatura applicata inizialmente si rivela insufficiente. Solo dopo quattro giorni di sofferenza, la medicazione viene cambiata, ma Francesca è costretta a subire ulteriori trasferimenti all’interno dell’ospedale. Prima viene spostata in Neurochirurgia, dove trascorre tre giorni, per poi assumere un posto in Ginecologia, in attesa dell’annuncio dell’operazione.
L’11 settembre, la data programmata per l’intervento, si trasforma in un altro amaro rinvio. La signora è costretta a trascorrere una notte a digiuno e il successivo giorno è ugualmente infruttuoso. La situazione continua a procrastinarsi, con cinque ulteriori giorni di attesa. È solo il 23 settembre che, finalmente, l’operazione ha luogo. La frattura, risultata scomposta, viene sistemata e Francesca può finalmente tornare a casa, sebbene non senza una serie di disagi e una lunga attesa.
Le denunce e le ripercussioni
Giunta a casa, Francesca non si sente di tacere riguardo alla propria esperienza. La sua testimonianza si fa eco delle difficoltà vissute all’interno dell’ospedale. “In ortopedia eravamo in 10, sistemati in letti nel corridoio”, racconta, sottolineando la situazione precaria in cui molti pazienti si trovano a dover affrontare. Le lamentele non si fermano qui: Francesca rivela di aver assistito a situazioni in cui il personale medico ha mostrato scarsa sensibilità nei confronti dei pazienti, creando un clima di insoddisfazione e disagio.
La sorella di Francesca, Pina, supporta la denuncia e sottolinea l’urgente necessità di un cambiamento all’interno del sistema sanitario locale. “Non vogliamo fare critiche pretestuose, ma smuovere il sistema, nella speranza che qualcosa possa cambiare”, afferma, richiamando l’attenzione su questioni di maggiore importanza rispetto a singoli episodi.
La risposta dell’ospedale Brotzu
Di fronte alle denunce di Francesca, l’ospedale Brotzu ha inteso rispondere, esprimendo le proprie scuse e facendo chiarezza sulla situazione. “Quello che è accaduto è grave e riflette le difficoltà del sistema sanitario sardo”, si legge nel comunicato ufficiale.
L’ospedale riconosce che la chiusura di reparti in altre strutture, come l’Ortopedia del Sulcis e di Nuoro, ha determinato un incremento del carico di lavoro per il Brotzu, che deve fronteggiare un numero di pazienti superiore a quello per cui il personale è attualmente preparato. “Il Brotzu non ha mai chiuso le porte né un reparto; ha sempre garantito assistenza a tutti i pazienti”, dichiara la direzione, sottolineando però che il personale non è sufficiente a far fronte al crescente numero di accessi.
Questa situazione ha dunque provocato non solo allungamenti delle liste d’attesa, ma anche stress cumulativo tra medici e infermieri, che si trovano a gestire una quantità di lavoro insostenibile. Il Brotzu auspica che le proprie risorse e la dedizione dei suoi dipendenti possano continuare a garantire un servizio adeguato in un momento di emergenza per la salute pubblica.