Il “Re Lear” di William Shakespeare, una delle opere più ardenti e profondamente toccanti del panorama teatrale, affronta tragicamente il tema della perdita in tutte le sue forme. Questa nuova rilettura, che vede come protagonista Gabriele Lavia nel ruolo del re, si presenta in scena al Teatro Argentina di Roma fino al 22 dicembre 2024. Rispolverando un’opera che ha già segnato la sua carriera, Lavia si confronta con un testo ricco di significati, invitando il pubblico a riflettere sulle fragilità umane e sul caos della mente.
La visione di Gabriele Lavia
A quasi cinquant’anni dal suo debutto, Lavia riporta in vita “Re Lear” con una nuova sensibilità, frutto della sua esperienza di attore e regista. Nelle note di regia, sottolinea il concetto di “perdita” attraverso diverse sfaccettature: dalla ragione al potere, dalla famiglia alla dignità. “Questo spettacolo è molto diverso da quello di un tempo,” afferma l’attore. “Mentre la produzione precedente si svolgeva in un tendone da circo, ora siamo in un teatro abbandonato.” Questa scelta scenica riflette un contesto storico e sociale profondamente cambiato, dove il testo di Shakespeare diventa un mezzo per esprimere una realtà complessa e sfaccettata.
Lavia invita gli spettatori a non considerare il testo come un semplice racconto da rappresentare, ma come un mondo intero da esplorare. “Quello che stiamo vivendo oggi è molto diverso,” rivela Lavia. “Rappresentare un testo significa mettere in scena un universo, e il testo è solo un dettaglio all’interno di esso.”
La complessità di Re Lear
La figura di Re Lear è complessa e sfaccettata; è il rappresentante di una follia che emerge fin dall’inizio della storia. Secondo Lavia, la sua prima grande pazzia risiede nella decisione di dividere il regno tra le sue figlie, senza considerare la loro preparazione a gestire tale responsabilità. Questa scelta sfocia in una tempesta non solo meteorologica, ma intrinsecamente legata alla sua psiche e alla condizione umana. “La tempesta di Lear simboleggia quella della mente,” dice Lavia, “ed è la rappresentazione di un uomo che ha perso il suo essere, vivendo in uno stato di caos interiore e di solitudine.”
L’approccio dell’attore al testo
Avvicinarsi a “Re Lear” richiede una profonda introspezione. Dopo “Amleto”, che pone la cruciale domanda “essere o non essere?”, Lavia sottolinea come Lear prenda una scelta opposta. “Decide di non essere più re e, di conseguenza, non è più nulla,” spiega. La sua esistenza diventa quella di un uomo comune, sopraffatto dalla tempesta attorno a lui. A questo punto, la tempesta diventa un nodo centrale, simbolo del tumulto non solo esteriore ma anche interiore, che permea l’esistenza del personaggio.
Il “vero” in scena
Nel contesto teatrale, il concetto di autentico e credibile assume una grande importanza. Lavia afferma: “In teatro, il ‘vero’ è ciò che si rende credibile.” Questa affermazione mette in evidenza la responsabilità dell’attore nel trasmettere emozioni vere, anche attraverso un testo così denso. L’interrogativo che resta è come tradurre questa complessità emotiva in una performance visibile e toccante per il pubblico.
La revisione del “Re Lear” firmata da Gabriele Lavia non solo ripropone un grande classico, ma invita anche a riflessioni profonde sulla condizione umana, esplorando l’inevitabilità della perdita che caratterizza ogni vita. La drammaticità delle performance di Lavia in questo contesto promette di risuonare nel cuore di chiunque assista a questo straordinario spettacolo.