Aggressione alla troupe del Tg3 in Libano: autista muore per infarto durante l’attacco

Un’aggressione in Libano ha causato la morte dell’autista di una troupe del Tg3, evidenziando i pericoli che affrontano i giornalisti in contesti di conflitto e la necessità di protezione.
Aggressione alla troupe del Tg3 in Libano: autista muore per infarto durante l'attacco - Nidi di Sardegna

Un grave episodio di violenza ha colpito una troupe del Tg3 in Libano, mentre era impegnata in riprese nella zona di Jiyeh, vicino a Sidone. L’aggressione ha portato alla tragica morte dell’autista locale, Ahmad Akil Hamzeh, a causa di un malore accusato durante una fase di alta tensione. Questo incidente solleva interrogativi sull’incolumità dei giornalisti che operano in contesti di conflitto e sui rischi a cui sono esposti nel loro lavoro.

Gli eventi dell’aggressione

La notizia è stata riportata dall’edizione delle 12 del Tg3 attraverso le parole dell’inviata Lucia Goracci, che ha descritto un’escursione apparentemente pacifica trasformarsi in un’esperienza traumatica. La troupe si trovava a Jiyeh, dove un fixer aveva informato Hezbollah della sua presenza per garantire la sicurezza. Tuttavia, la situazione è rapidamente degenerata quando un uomo armato si è avvicinato, minacciando gli operatori. L’autista, Ahmad, ha subito un malore durante il caos, nonostante il tentativo di soccorrerlo.

Lucia Goracci ha raccontato che mentre stavano girando, l’atmosfera è cambiata improvvisamente. Con l’arrivo dell’aggressore, il cameraman Marco Nicois è stato avvicinato con l’intento di sottrargli la telecamera. Dopo il primo tentativo di attacco, la troupe ha deciso di allontanarsi rapidamente. Tuttavia, un gruppo di uomini ha iniziato a spingere e aggredire l’auto, aumentando la tensione e il pericolo. Goracci ha descritto un uomo che, visibilmente agitato, ha persino tentato di colpirli con una pietra.

Il dramma dell’autista e le conseguenze

Dopo aver cercato di allontanarsi in sicurezza, la situazione è precipitata quando Ahmad si è fermato a una stazione di servizio nei pressi di Ghazieh. L’aggressore ha strappato le chiavi dell’auto e ha tentato di danneggiare il materiale registrato. Nella confusione, Ahmad è sceso per cercare di calmarlo, ma si è accasciato al suolo, colto da un infarto. Nonostante i rapidi soccorsi e l’arrivo dell’ambulanza, purtroppo, è stato dichiarato morto dopo ripetuti tentativi di rianimarlo.

Questo tragico evento mette in rilievo i pericoli concreti che i giornalisti affrontano sul campo, specialmente in aree segnate da tensioni politiche e conflitti armati. La presenza di forze di sicurezza e i permessi ottenuti non sono stati sufficienti a prevenire una violenza così diretta e devastante.

La reazione delle istituzioni

La Rai ha immediatamente condannato l’episodio, esprimendo il proprio sdegno e la vicinanza alla famiglia di Ahmad Akil Hamzeh. In una nota ufficiale, l’emittente ha confermato di avere rispettato tutte le misure di sicurezza necessarie per proteggere la troupe, sottolineando l’importanza del lavoro svolto da Goracci e dal suo operatore. L’emittente ha definito il compito dei giornalisti come essenziale per raccontare la verità, anche in contesti estremamente pericolosi.

Allo stesso modo, il vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani ha espresso la propria solidarietà con un post su X, sottolineando la necessità di difendere l’impegno dei giornalisti nei luoghi di conflitto e l’importanza del diritto all’informazione per le democrazie. Queste reazioni evidenziano un ampio riconoscimento del valore del lavoro giornalistico e dei sacrifici che comporta, specialmente in situazioni di insicurezza e violenza.

Questo incidente mette in luce non solo i rischi connessi al reportage in zone di guerra, ma anche la necessità di garantire la sicurezza dei professionisti dell’informazione nel loro importante ruolo di narratori della realtà.

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