Delisting: il 2024 segna un’era di addii alla Borsa italiana

Il 2024 segna un aumento significativo dei delisting in Italia, con 25 aziende ritiratesi dalla Borsa e solo 20 nuovi ingressi, evidenziando una crisi di fiducia nel mercato azionario.
Immagine generata con AI

Nel panorama finanziario italiano, il termine delisting ha acquisito un significato sempre più rilevante. Quest’operazione, che consiste nel ritiro di una società quotata dalla Borsa, ha visto un incremento significativo nei suoi casi nel corso del 2024. Con valori per 28 miliardi di euro in uscita e solo un miliardo di nuovi ingressi, le grandi aziende sembrano voler prendere le distanze da Piazza Affari, segnando un cambiamento nel tradizionale prestigio associato alla quotazione in Borsa.

Un anno di forti uscite dalla Borsa

Il 2024 sta certamente diventando un anno da ricordare per il mercato azionario italiano. Le recenti notizie testimoniano una “fuga” in massa di riporti finanziari che ha portato a un vero e proprio cambio di paradigma nel comportamento delle aziende. I casi più emblematici di delisting di quest’anno coinvolgono nomi noti come Cnh Industrial, attiva nella produzione di veicoli commerciali e con una capitalizzazione azionaria di circa 5 miliardi di euro, e UnipolSai, azienda del settore assicurativo con un valore di circa 7 miliardi. Anche la Sardegna è coinvolta, con la compagnia Saras che ha lasciato i listini di Borsa a settembre, in seguito all’acquisizione da parte del colosso olandese Vitol.

Questa tendenza ha portato a una riflessione sul valore della presenza in Borsa. Un tempo, una quotazione rappresentava un grande traguardo per molte aziende; oggi, sembra che questa percezione stia cambiando radicalmente. Il numero di aziende che hanno deciso di ritirarsi dal mercato sta aumentando, accentuando la sensazione di una Borsa che si sta rimpicciolendo e impoverendo.

I motivi dietro le scelte aziendali

La spinta verso il delisting non proviene unicamente dalla volontà di risparmiare sui costi di quotazione; esistono diverse ragioni che spingono le società a compiere questo passo. Tra queste, le fusioni e le acquisizioni rappresentano una motivazione notevole: frequentemente, quando una società viene acquisita, le sue azioni vengono tolte dal mercato per essere integrate nel gruppo acquirente. In tali occasioni, gli azionisti ricevono un compenso, che può consistere sia in nuove azioni della società acquirente che in pagamenti in contante.

Altri motivi che possono indurre un’azienda al delisting sono la scarsa liquidità delle proprie azioni e situazioni finanziarie complessive non favorevoli. Una bassa attività di trading può portare a un lieve valore di mercato, rendendo meno sostenibile la permanenza sulla Borsa. L’opzione del delisting, quindi, aiuta a ridurre i costi e permette una gestione più flessibile delle operazioni aziendali senza l’onere di dover soddisfare continuamente le aspettative di azionisti e analisti finanziari.

Un panorama in evoluzione

Il 2024 ha visto ben 25 aziende ritirarsi dalla Borsa, rispetto ai 20 nuovi ingressi, segnalando un flusso di capitale in uscita che contribuisce a un quadro generale piuttosto preoccupante per il mercato. La situazione attuale potrebbe cambiare, a patto che le banche centrali intervengano per infondere nuova liquidità. Le modifiche relative al Dl Capitali e altre normative pensate per stimolare gli investimenti rappresentano potenzialmente un aiuto per le piccole e medie imprese che desiderano avvicinarsi al mercato pubblico.

Con il bando delle aziende in modo così consistente, la Borsa italiana si trova a un bivio. In questo periodo di incertezze e sfide, è fondamentale comprendere come si evolverà il panorama finanziario in Italia e se un ritorno di una maggiore liquidità potrà riportare fiducia tra le aziende, spingendole nuovamente a considerare la quotazione come un obiettivo strategico.

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