La recente pubblicazione del libro “Politica e pensiero. Storie e personaggi dei partiti del Novecento” di Andrea Covotta ha riacceso il dibattito sull’importanza di una politica che si faccia portatrice degli interessi collettivi. Con l’introduzione di Marco Follini, l’opera si propone di analizzare il pensiero politico italiano dal Novecento fino al 1978, evidenziando la necessità di un recupero delle radici politiche e sociali dei partiti, capaci di rispondere alle attuali disaffezioni che affliggono l’elettorato. In questo contesto, si mette in evidenza il distacco che ha preso piede fra le istituzioni politiche e i cittadini.
Il fenomeno della disaffezione politica
L’allontanamento dei politici dalla realtà quotidiana dei cittadini è un fenomeno preoccupante che Covotta evidenzia nel suo libro. Questo scollamento ha generato una crescente indifferenza verso la partecipazione alle elezioni e un senso di sfiducia nelle istituzioni. L’autore sottolinea come la buona politica si basi sulla cura e la gestione della cosa pubblica, ponendo gli interessi della collettività al primo posto. Questa visione contrasta nettamente con l’attuale panorama politico, dove presunti rappresentanti del popolo sembrano più impegnati nella loro carriera personale che nel servizio ai cittadini.
Secondo Covotta, il primo passo per risolvere questa crisi di rappresentanza è riflettere sulle esperienze del passato, in particolare su come i politici del periodo della Prima Repubblica si siano radicati nel territorio, costruendo relazioni solide con le loro basi elettorali. L’importanza della prossimità e della partecipazione attiva è un elemento cruciale che dovrebbe essere riscoperto e riadottato dalle nuove generazioni di politici.
Il ritorno alle radici della politica italiana
La riflessione di Covotta si sofferma sulla figura di Alcide De Gasperi e sulla sua capacità di forgiare alleanze politiche in un contesto complesso. De Gasperi ha rappresentato un modello di leadership in grado di unire diverse anime politiche e sociali, creando una cultura di dialogo e cooperazione, che oggi appare quasi dimenticata. La sua abilità nel costruire coalizioni, e non solo partiti, ha fatto della Democrazia Cristiana un fulcro della politica italiana, permettendo il superamento di contrapposizioni distruttive.
Analogamente, Aldo Moro ha saputo abbracciare questa eredità, interpretandola in un periodo di tensioni sociali. La mancanza di leader con simile visione e capacità è stata una delle cause dell’attuale crisi politica. Covotta distingue quindi tra il radicamento territoriale dei politici della Prima Repubblica e l’approccio top-down che spesso caratterizza le selezioni dei candidati oggi.
La trasformazione del linguaggio politico
Essere il direttore di Rai Quirinale ha offerto a Covotta una visione privilegiata sull’evoluzione del linguaggio politico contemporaneo. Oggi, l’era digitale ha radicalmente cambiato la modalità di comunicazione, dove la rapidità e i social media predominano. Tuttavia, questo non deve diventare una giustificazione per la superficialità. L’autore avverte con fermezza che, nonostante la velocità, il mondo della politica non può permettersi di sacrificare il valore dell’approfondimento e dell’analisi critica.
La velocità delle informazioni potrebbe influenzare negativamente il dibattito pubblico, spingendo verso una comunicazione più semplice e meno riflessiva. Covotta sottolinea l’importanza di mantenere uno spazio dedicato all’analisi e alla riflessione profonda, per non compromettere il senso di responsabilità che ogni politico dovrebbe avere nei confronti della collettività.
Il ruolo cruciale degli intellettuali
Un altro tema trattato in modo significativo è l’importanza della collaborazione tra politica e cultura. Covotta enfatizza come intellettuali e artisti siano stati pilastri del contesto socio-politico nel Novecento, citando figure emblematiche come Pier Paolo Pasolini e Ignazio Silone, le cui opere hanno fornito una prospettiva critica e riflessiva sulla realtà italiana.
La rinascita di una politica autentica deve partire dalla riattivazione di questo dialogo profondo con il mondo della cultura. La cooperazione con artisti e pensatori, secondo Covotta, rappresenta un’opportunità per stimolare l’innovazione e per riavvicinare i cittadini alla politica. È fondamentale riconoscere che l’arte può essere una potente strumento di critica e di riflessione, capace di arricchire il dibattito pubblico.
La necessità di un coinvolgimento della Chiesa
Infine, Covotta porta all’attenzione il ruolo della Chiesa italiana, che considera assente e poco incisiva nell’attuale panorama politico. Egli evidenzia che, storicamente, i partiti hanno trovato nelle istanze ecclesiastiche un supporto indispensabile per la costruzione di una società coesa. I conflitti e i dialoghi tra politica e Stato Vaticano hanno influenzato in modo significativo la storia recente del paese, e adesso come non mai è importante recuperare questi legami.
La Chiesa, con la sua capacità di rappresentare valori etici e sociali, potrebbe giocare un ruolo cruciale nel rafforzare il tessuto della buona politica e contribuire a ristabilire un collegamento tra elettorato e classe dirigente. Covotta invita quindi a considerare queste dinamiche come parte di un discorso politico più ampio che possa restituire dignità e rispetto verso il compito di governare.